È stata un’emozione particolare, quella di poter leggere un brano del mio romanzo a una platea così attenta come quella che c’era a Firenze, sabato 19 ottobre scorso.

Un brano al quale sono molto legato: il momento in cui Selene lascia la sua bambina.

“L’aveva capito dall’autorevolezza della sua calligrafia, dalla determinazione con cui quella carta aveva viaggiato. León era ritornato nella sua vita all’improvviso, anche se in realtà non se n’era mai andato.

Nella busta c’era solo un foglio. Poche parole, ma lapidarie e immense.

Quel te quiero esplose e le rimbalzò a lungo nella mente e nel cuore, facendole avvampare il senso ultimo del proprio essere, la destinazione finale di quella vita sbilenca e incapace di trovare una sponda di approdo che la proteggesse.

Quella notte, mentre scivolava silenziosa fuori dalla casa di Marco, guardò per l’ultima volta Nina.

Non riuscì a capire quali emozioni stesse provando, le percepiva distanti, ovattate e senza sapore.

Più forte dell’istinto, più potente della ragione, il suo passato premeva più forte di ogni cosa esistente per farle compiere il suo destino.

La baciò sulla fronte, riannusando il profumo della pelle morbida e priva di tempo dei neonati.

Non vide nel buio gli occhi sgranati di Nina che la seguivano, angosciati di fronte al baratro senza fine dell’abbandono.”

Non dimenticherò il silenzio, durante la lettura, né il calore dell’applauso, subito dopo.

Grazie.

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