La direttrice, intanto, si scusò e scappò nell’adiacente infermeria, dove poté finalmente mettersi a ridere senza ritegno. L’infermiera la guardò perplessa, fino a quando Alessia non riuscì a raccontarle cosa stesse succedendo nel suo ufficio. Ovviamente incuriosita, l’infermiera si avvicinò all’uscio e sbirciò dentro.
L’addetto stava declamando a voce alta le virtù della luce eterna: Marco lo guardava estasiato.
«Abbiamo una vasta gamma di illuminazione elettrica: dai microled di posizione agli occhi di bue direzionali, dai proiettori con sensore crepuscolare ai potentissimi fari industriali per mausolei camorristi. Possiamo anche illuminare la salma con un circuito chiuso di fiammelle sempiterne, ma richiederebbe un parere preventivo dei vigili del fuoco.»
«Restiamo sul classico: delle candele bianche basteranno» disse Marco, cercando di andare al sodo.
«Ottimo» rispose freddamente l’addetto scrivendo qualcosa sul suo modulo.
«Per la vestizione avete esigenze particolari?»
«Mi faccia degli esempi» disse Marco.
«Abbiamo una vasta gamma di abiti da cerimonia: dal frac con tuba, bastone e guanti bianchi alla veste sacerdotale, dalla tuta aerospaziale alla muta da sub» disse l’addetto.
«Come sarebbe a dire?» chiese Marco, sorpreso.
«Possiamo vestire la salma in qualsiasi modo egli o ella abbia vergato nelle sue volontà. Ci sono persone che conservano con cura l’abito con cui vogliono essere traslate nel persempre, mentre altre lasciano dietro di sé solo un anelito, e noi consideriamo un privilegio poterlo raccogliere e realizzare, qualunque esso sia» rispose l’addetto con la naturalezza meccanica dell’uomo privo di fantasia.
«Ma pensa te» disse Marco.
«Avete già ovviato ai fiori?» chiese costui, riprendendo subito il filo del discorso.
«La stupirò ma no, non ci abbiamo ancora pensato.»
Questo personaggio delle pompe funebri… finto ma vero allo stesso tempo! Vorrei conoscerlo…