«Dunque?» chiese Marco, innervosito dalle pause plateali del direttore, che si permetteva di fare solo con i sottoposti.
«Se tutto andrà bene, fra un paio d’anni andrò in pensione» disse Draganic guardandolo negli occhi.
«E se l’assessore Mariapia Fratellini, chediolabbiaingloriaechediolamantengainsalute» disse come una litanìa, rivolgendo sguardo e palmi al soffitto. «Se quella santa donna fosse sempre in carica, ti farebbe molto comodo avere il suo appoggio» concluse Draganic, calando gradualmente lo sguardo dal soffitto.
«Non so se mi spiego» sussurrò dopo alcuni secondi, quasi impercettibilmente, puntandogli addosso gli occhietti.
«Sì, ma la storiella del pulcino: che c’entra?» disse Marco, spazientito.
«Ma sei così duro? Te lo rispiego in parole povere: a te sembra che io ti voglia mettere nella merda, in realtà ti sto facendo un favore.»
Marco restò di stucco.
«Vorresti dire che hai accettato queste richieste assurde per farmi un favore?»
«No. Voglio dire che da questa situazione, che ti sembra difficile ma dalla quale puoi uscire senza grossi problemi, potresti avere dei discreti vantaggi.»
Marco colse il passaggio dal noi al tu, indice di un sottile e raffinato distacco del Draganic dalla questione: ora è roba tua, non più nostra, o mia.
«Luigi, a me non importa di diventare direttore. Non a questo prezzo.»
«Stai tranquillo, vedrai che ci si abitua a tutto.»
«Forse non hai capito, la storia dell’assessore amica dei cittadini te la sei bevuta solo tu. Questa qui vuole fare i soliti giochetti da politichetto, i soliti favori agli amici. Per me siete fuori di testa tutti e due» disse Marco, alzandosi.
«L’amico in questione è suo marito, capisci che non può esporsi?»
«Capisci tu, Luigi, che state facendo qualcosa di giuridicamente, eticamente e moralmente schifoso?»
«Lo so perfettamente, Marco. Non sono nato ieri.»
Marco attese qualche secondo: «E allora?»