«Ti devo fare l’elenco delle cose che hai accettato di fare contro il nostro codice deontologico, contro il nostro regolamento, contro alcuni semplici principi costituzionali?»

«Ma di cosa stai parlando?»

«Di cosa stai parlando tu, Luigi?» disse Marco alterandosi.

«La devi piantare di leccare il culo al politico di turno. Ma guardaci: siamo ridotti a essere una professione maltrattata e debole anche per colpa di quelli come te, che invece di difendere la nostra autonomia la svendono per non contraddire questi prepotenti e tenerti la sedia sotto al culo.»

«Come ti permetti?» gli disse, feroce.

«Come ti permetti tu, Luigi. Come ti permetti di non capire i danni che stai facendo? Ma te l’immagini se questa Fratellini andasse da un medico a dirgli quale diagnosi fare o dove ricoverare un suo amico? Sentiremmo le bestemmie a chilometri. Invece, tu ti prostri passivamente» gridò quasi.

«Ma la cosa peggiore è che mi ci hai voluto tirare dentro» disse, recuperando un po’ di calma.

Draganic sospirò, prendendosi la radice del naso fra indice e pollice.

Chiuse gli occhi, e disse: «Ascoltami bene, Marco. La conosci la storiella del pulcino infreddolito?»

Marco restò sbigottito.

«Non lo so, in questo momento non lo so. Che c’entra?»

«Ascoltami per un attimo, senza fare l’emotivo» disse Draganic con un nuovo lampo negli occhi.

Marco si preparò alla solita recita teatrale del direttore.

«Un pulcino infreddolito camminava, in pieno inverno, nell’aia della fattoria in cerca di mamma papera, ma non la riusciva a trovare. Una mucca lo sentì pigolare e lo vide, tutto tremolante. Per riscaldarlo, gli fece sopra una bella caccona. Il pulcino, inizialmente, si arrabbiò con la mucca. “Come si permette?” pensò.

Pian piano, però, iniziò a sentire un bel calduccio. Rinfrancato, iniziò a chiamare mamma papera ancora più a gran voce. Un gatto, che dormicchiava poco lontano, sentì il pigolare del pulcino. Si avvicinò alla caccona, prese il pulcino, lo ripulì per bene e se lo mangiò in un sol boccone.»

Appena finito Draganic restò in silenzio, a fissare Marco con occhi bovini.

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