Dopo i graditi apprezzamenti a “L’ultima fuga di Ennio”, ecco in anteprima il nuovo, e ultimo, capitolo del sequel di “Per altre vite”.

Da oggi, per i prossimi 7 venerdì: piccoli assaggi, piccoli morsi.

 

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Serena, la metallica segretaria, lo fece accomodare.

Marco entrò nell’ufficio del suo direttore, Luigi Draganic, con un vago senso di disagio.

«Buongiorno, Marco. Ti presento l’assessore Fratellini» gli disse, alzandosi dalla poltrona.

Il suo atteggiamento era evidentemente mutato dalla solita distaccata altezzosità: un sorriso ostinato campeggiava come un’emiparesi sul suo volto, il tono era affabile. Falsamente cordiale.

Si era addirittura alzato in piedi per accoglierlo.

Su una delle sedie di fronte alla scrivania troneggiava la neo-assessora ai servizi sociali del Comune di Villa Rivero. Femmina di politico di età indefinibile, prodotto del vivaio del partito e risultato della classica carriera delle vecchie repubbliche: esordio in giovane età come claque plaudente ai comizi di paese; promossa allo sgombero di tavoli e alla frittura di patatine alle feste campestri; esaminata come cassiera delle pizze autunnali al circolo e responsabile dei volantinaggi di quartiere. Temprata come miope coordinatrice di tristissime e semi-deserte assemblee circoscrizionali; evoluta infine in assessore dopo un paio di angoscianti legislature come passivo e obbediente consigliere comunale. Poi, chissà: la Regione, il Parlamento? L’Europarlamento? Il partito, in genere, è molto riconoscente con i fedelissimi privi di iniziativa, che scambiano la politica per un lavoro.

Si presentava grigia come la nebbia e del tutto priva di elementi che la rendessero minimamente, e umanamente, interessante.

Mariapia Fratellini aveva però una caratteristica pericolosa e molto diffusa nei politici dei piccoli Comuni: era convinta che per lavorare nel sociale bastassero un po’ di buonsenso e una specie di interesse, da non confondere con l’amore, per il prossimo.

Del primo era sicura di possederne abbastanza; del secondo non ne era certa, ma sapeva discernere fra persone utili e inutili, e per un assessore era un requisito assolutamente decisivo.

Alzò lo sguardo dal cellulare, sul quale stava digitando qualcosa, e squadrò Marco.

«Mariapia Fratellini» gli disse, porgendogli una mano fredda e molliccia.

«Piacere assessore, Marco Andrade.»

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